Traduzioni

 

In questa pagina trovi materiale sulle traduzioni bibliche diffuse in epoca antica.

La Bibbia venne tradotta in greco già a partire dal III secolo a.e.v.

I testi letti in sinagoga venivano tradotti in aramaico perché tutti i presenti li potessero capire.

 

La Bibbia greca

La più antica traduzione in greco dei libri della Bibbia è narrata nella Lettera di Aristea. In essa è contenuto il racconto di come il direttore della Biblioteca di Alessandria, Demetrio, avesse proposto di aggiungere alle collezioni anche la Legge dei Giudei.

Il re Tolomeo II Filadelfo avrebbe dunque invitato degli scribi da Gerusalemme con i loro libri sacri (il Pentateuco o Toràh). Il Sommo Sacerdote Eleazaro inviò sei scribi esperti per ogni tribù di Israele, in tutto settantadue. Il re li mandò sull'isola di Faro, dove in solitudine poterono tradurre i cinque libri. Le traduzioni individuali erano perfettamente identiche tra loro e il Pentateuco greco venne approvato anche dalla comunità ebraica di Alessandria. Il re rimandò dunque gli scribi a Gerusalemme con magnifici regali.

Questo il racconto di Aristea, che ha però qualche confusione ed errore e perciò viene oggi considerato fantastico e senza troppo valore storico. Gli autori antichi consideravano invece storica la versione di Aristea e la riportarono, sia Giuseppe Flavio e Filone di Alessandria, che alcuni scrittori cristiani dei primi secoli della Chiesa.

La prima lista di libri paragonabile alle nostre Bibbie è del 116 AEV circa. La si trova nel Prologo al libro del Siracide greco. Il traduttore dall'ebraico, nipote dell'autore Gesù ben Sira, elenca i libri già tradotti all'epoca: la Toràh, i profeti e altri scritti.

Gli studiosi ritengono che la traduzione greca sia stata realizzata tra la metà del III secolo AEV e la fine del II AEV. La traduzione del Pentateuco era chiamata Traduzione dei Settanta, dai 72 traduttori citati nella Lettera di Aristea. In seguito il nome abbreviato Settanta (Septuaginta in latino) passò ad indicare la Bibbia greca nel suo insieme.

Va detto che non ci troviamo di fronte ad un lavoro unitario, ma piuttosto all'opera di vari traduttori con metodi e sensibilità differenti. Il suo scopo sembra essere quello di fornire ai giudei della Diaspora un testo adatto allo studio ed alla preghiera. Probabilmente la Settanta era pensata anche come mezzo per far conoscere la cultura ebraica agli stranieri e di fatto i cristiani greci la adottarono come versione ufficiale della Bibbia.

Alla Settanta si sono affiancate varie altre traduzioni in greco, tra cui quella estremamente letterale di Aquila (un convertito pagano, allievo di rabbì Aqivà), quella in buon greco di Simmaco (di cui non sappiamo quasi nulla di sicuro) e ancora quella di Teodozione (in realtà una revisione di una traduzione precedente). Nella Bibbia cattolica il libro di Daniele è usato secondo la versione di Teodozione.

La Bibbia aramaica

Con l'epoca persiana l'aramaico divenne sempre più diffuso anche nella provincia di Giuda. Pian piano l'ebraico scomparve quasi dall'uso quotidiano della popolazione e venne sostituito da questa lingua internazionale. La fortuna dell'aramaico è forse collegata alla matrice linguistica comune e dunque ad una certa facilità di migrazione dall'ebraico.

La difficoltà di comprendere l'antica lingua sacra impose la necessità di tradurre anche i testi che si leggevano durante la preghiera comunitaria. Nelle sinagoghe il testo veniva probabilmente letto in ebraico e poi tradotto a voce (o interpretato?) in aramaico. Era proibito leggere una traduzione, dicono gli scritti rabbinici, ma da nessuna parte è proibito avere una traduzione scritta.

La tradizione giudaica ci dice che già rabbì Gamaliele, conosciuto negli scritti cristiani per essere stato maestro di Paolo e difensore di Pietro e degli apostoli, si trovò davanti la traduzione aramaica (Targum) del libro di Giobbe e non ne fu molto soddisfatto...

A Qumran si sono trovati diversi targum biblici, tra cui proprio il Targum di Giobbe.

I targum che sono giunti fino a noi sono di solito divisi in due famiglie, in base a come trattano il testo.

Il Targum Palestinese è il nome che si dà ad un insieme di traduzioni, che tendono ad aggiungere spiegazioni al testo biblico. In realtà non è mai esistito un Targum Palestinese, inteso come opera letteraria. L'unico manoscritto completo di questo tipo è stato ritrovato nella Biblioteca Vaticana e pubblicato da A. Diez Macho: il ms. Neofiti I del Pentateuco.

Un targum che ha espansioni simili a quelle della tradizione palestinese e presenta la traduzione del Pentateuco corretta secondo le regole rabbiniche è il cosiddetto Pseudo-Jonathan (o Jerusalem I).

Infine i due targum che seguono la tradizione rabbinica e riducono al minimo le integrazioni al testo sono: il Targum Onqelos al Pentateuco e il Targum Jonathan ai Profeti. I nomi sono probabilmente nati da una confusione con i nomi dei traduttori greci della Settanta: da Aquila = Onqelos (trascrizione basata sulle consonanti); da Teodozione = Jonathan (stesso significato: Dono di Dio, in greco e in ebraico). Entrambi sono il risultato di un tentativo di ottenere un testo unico e valido per tutto il giudaismo.

La Bibbia latina

Il cristianesimo occidentale ricevette dai greci la traduzione dei Settanta. La scarsa conoscenza della lingua greca in alcune parti dell'Italia e del Nord Africa causò la nascita di traduzioni frammentarie in latino. Ogni traduzione era diversa dall'altra e spesso neppure troppo accurata. Ci sono così arrivati molti manoscritti che presentano traduzioni della Bibbia greca, con tracce della loro origine geografica nei dettagli del latino. L'insieme di queste traduzioni è chiamato Itala o Vetus Latina.

Nel IV secolo EV il vescovo di Roma, papa Damaso, chiede ad un monaco di nome Girolamo di produrre una traduzione latina affidabile per l'uso universale nella Chiesa d'occidente. Girolamo era un ottimo conoscitore del greco, ma aveva studiato anche l'ebraico e l'aramaico. Grazie alle sue conoscenze il suo lavoro assunse delle caratteristiche particolari: il latino era più raffinato di quello delle vecchie traduzioni, i libri erano tradotti dall'ebraico (se presente) e dal greco solo se non esisteva un originale semitico. Girolamo si scontrò con Agostino, che considerava la Settanta il testo ufficiale cristiano, e gli scrisse che «la verità è ebraica».

Questa traduzione, che richiese molti anni e litigi persino con il papa, venne infine pubblicata e più tardi conosciuta come la Vulgata (Popolare).

La Vulgata di Girolamo è ancora oggi la base della traduzione ufficiale cattolica, rivista ovviamente sulla pubblicazione dei nuovi studi.